La sperimentazione in cucina può essere sia un’arte dei grandi chef, con una scelta consapevole degli ingredienti e la ricerca di nuove combinazioni, sia una pratica nata dalla necessità.
Molte delle ricette tradizionali di oggi affondano le loro radici nell’antico detto latino: “Facis de necessitate virtutem,” che significa “La necessità fa virtù.”
In altre parole, in epoche in cui il cibo era scarso e il riciclo non rappresentava un semplice capriccio, ma una strategia indispensabile per sfamare intere famiglie, spesso numerose, le cucine dell’epoca erano teatro di audaci esperimenti, strettamente legati alle stagioni e al territorio circostante.
Non conosciamo il destino di tutti questi esperimenti culinari nel corso del tempo, né quanti piatti potrebbero essere stati dimenticati. Tuttavia, sappiamo quali piatti sono giunti fino a noi, conservando spesso le caratteristiche di ricette semplici ma deliziose.
Non di rado mi vedo oggetto di critiche quando mi dedico a reinterpretare un piatto della tradizione culinaria, impegnandomi a catturare gli stessi sapori, le medesime forme e l’estetica caratteristica, mediante l’uso esclusivo di ingredienti di origine vegetale. Nonostante ciò, la mia intenzione nel rielaborare queste pietanze è intrinsecamente guidata dalla volontà di conferire loro una migliorata bontà, una maggiore equità e un’apertura all’inclusività.
Ogni ricetta antica racconta storie affascinanti, piene di emozioni, gioie e fatiche umane, ma tutte condividono un insegnamento prezioso: il cibo va rispettato e non sprecato, mai!